Belle è la figlia di un mercante ridotto improvvisamente in povertà. Di ritorno a casa dopo un’altra infruttuosa spedizione, il padre di Bella si imbatte in un misterioso castello dove ruba una rosa e per questo è minacciato di morte da una Bestia misteriosa… Belle, cui la rosa era destinata, decide di offrirsi al posto suo, ma una volta entrata nel castello incantato scoprirà molte cose sul passato della Bestia e la maledizione che l’ha colpita, imparando poco a poco ad amarla nonostante il suo terribile aspetto. Ma il mondo di fuori può essere più violento e terribile di quello del castello…
Forte di un budget ragguardevole, tutto speso in effetti speciali da produzione di prima fascia (anche se talvolta abbastanza inutili alla storia) questa ennesima versione della fiaba classica di Madame de Villeneuve lascia decisamente delusi in termini di trama e approfondimento dei personaggi e si muove su una serie di piani di racconto diversi senza mai davvero decidere chi sia il suo pubblico. Non i bambini più piccoli, per cui sono probabilmente pensati gli animaletti magici che animano il castello, ma che qualche sequenza quasi horror potrebbe spaventare un po’, e nemmeno il pubblico adulto, che dalle rivisitazioni delle fiabe giustamente si aspetterebbe qualche approfondimento e qualche idea in più. Concessi i dovuti applausi agli splendidi costumi della protagonista, giusto qualche purista apprezzerà l’idea di restaurare i “numeri” della famiglia di Belle (qui addirittura due sorelle, dovutamente antipatiche e superficiali, e ben tre fratelli, più o meno intercambiabili e utili solamente ad aggravare i provati bilanci del padre mercante), anche se lo spazio sproporzionato lasciato alle vicende del padre dell’eroina ha probabilmente più a che fare con la notorietà transalpina dell’interprete Dussollier che con la logica della storia. Una serie di altri personaggi secondari (il fratello spendaccione di Belle, il cattivo Perducas, la sua amata fattucchiera e la sua banda di ceffi) rubano altrettanto spazio alla storia principale senza restituire nulla in termini di ricchezza tematica o di divertimento.
Forse Gans (che qui firma oltre che da regista anche come sceneggiatore e che si trova evidentemente a suo agio più con le sequenze d’azione che con il romanticismo) avrebbe potuto investire tempo e attenzione sullo sviluppo del rapporto tra l’intrepida Belle, che si sacrifica per il padre e accetta di consegnarsi alla Bestia, e il mostro, da subito attratto da lei, ma imprigionato sia dal suo ruolo di carceriere sia dal suo aspetto e carattere animalesco.
Per ovviare a un’imbarazzante mancanza di scavo psicologico, Gans inserisce una serie di flashback onirici che ci raccontano in modo un po’ farraginoso il passato del principe maledetto e che, in mancanza di altre percepibili ragioni, dovrebbero persuadere la nostra Bella a buttarglisi tra le braccia. Così alla fine non riusciamo a capire se la storia che ci viene raccontata sia una parabola sull’amore e il sacrificio, un contorto manifesto contro la caccia e a favore della agricoltura (la maledizione del principe ha a che fare con la sua ossessione per l’arte venatoria e Belle nutre una passione divorante per i vegetali, siano essi rose o zucche dell’orto, e convertirà a essa anche il suo amato). Certo poco è rimasto della parabola morale dell’originale, un’esortazione ad andare oltre le apparenze per scoprire la bellezza interiore.
Il risultato finale, invece, tradisce la sua natura di sfarzoso quanto vuoto contenitore e assomiglia molto agli straordinari abiti sfoggiati (uno per ogni giorno) da Belle nel castello: ricco e stupefacente, ma di sicuro scomodo da indossare e poco adatto alla vita moderna.
Scegliere un Film 2014
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