Jerry è un genio della matematica appena andato in pensione. Un giorno, scopre una falla nella lotteria WinFall: una strategia che gli consente di investire migliaia di dollari in biglietti, riuscendo ogni volta a vincerne più di quanti ne spenda. Una formula per non perdere mai. Complice la moglie Marge, ha inizio per lui una nuova vita di vincite statisticamente garantite. Ma i due coniugi scoprono di avere un concorrente: uno studente di Harvard, accortosi a sua volta del vizio nel sistema, ha iniziato ad approfittarne per far quattrini. Lo scontro è dietro l’angolo.
Basato sulla storia vera di Jerry e Marge Selbee, Jerry e Marge giocano alla lotteria si serve di un curioso fatto di cronaca per domandarsi se e come sia possibile, a qualunque età, ritrovare la propria giovinezza, rinascere ogni volta di nuovo. Se Jerry soffre della fine della propria vita lavorativa, a spingere Marge a seguirlo nell’avventura è invece la speranza di recuperare il rapporto col marito, di aprire un canale di comunicazione con un uomo perennemente assorto nei numeri.
La loro impresa, si badi, non ha nulla di criminale: la loro “truffa” a danno della lotteria è perfettamente legale. Difatti il film, curiosamente, nel cogliere un possibile «lato oscuro» del Sogno Americano, non lo rintraccia, come spesso avviene, in coloro che costruiscono la propria fortuna scegliendo la via della disonestà. Se il Sogno in questione ha un limite, è da ritenersi connaturato alla ricerca stessa della ricchezza, che rischia di introdurre in ogni ambito della vita lo spirito competitivo degli affari, facendo degli esseri umani nulla di più che degli avversari reciproci.
Nel caso di Jerry, oltretutto, il tramonto delle relazioni è aggravato dal suo starsene in compagnia dei propri pensieri, dalla sua abituale noncuranza verso i propri simili (Marge, perlomeno, partecipa all’iniziativa acchiappasoldi proprio perché in cerca di un legame perduto). Come Jerry stesso avrà modo di rendersi conto, quando un uomo investe tutto nella riuscita di un particolare, in uno specifico successo, diviene cieco a tutto il resto. E se lo diviene, significa che non ha nient’altro: una segreta disperazione alberga nel cuore di chi scommette un’intera vita sul conseguimento di un risultato. Il baldanzoso e rampante ottimismo di certa America è solo apparente: l’accumulo di ricchezza è sintomo di amara infelicità. A meno che non sia una conquista per tutti, che abbia cioè lo scopo o l’effetto di mettere assieme le persone (un’eco de La vita è meravigliosa di Frank Capra risuona in certi anfratti del racconto), di rilanciare le loro vite e attività.
Purtroppo però, i circa 90 minuti della pellicola offrono una trattazione molto sunteggiata: le pur suggestive e non ovvie osservazioni che la storia ha da offrire vengono risolte in brevi battute messe in bocca ai personaggi, senza che allo spettatore sia dato sapere in che modo la loro presa di coscienza è avvenuta. Senza, cioè, esser del tutto partecipi della loro crescita. Una simile sbrigatività rischia di ridurre la storia ad una lezioncina di buona condotta. Niente di male. Ma niente di paragonabile a ciò che avrebbe potuto essere.
Marco Maderna
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