1947. Hercule Poirot non ha più nessuna voglia di risolvere misteri. La Seconda Guerra Mondiale lo ha convinto che l’umanità non ha più speranze davanti al caos: il celebre investigatore privato che deve la sua fama al suo metodo deduttivo ha perso la fiducia in una logica che domina il mondo, e quindi in Dio. Ma sarà paradossalmente un invito a una seduta spiritica a farlo tornare sul luogo di un delitto…
Kenneth Branagh riporta per la terza volta sul grande schermo Hercule Poirot, l’investigatore privato belga creato da Agatha Christie, dopo i buoni incassi di Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo. Anche Assassinio a Venezia sembra avere fortuna al botteghino in queste prime settimane dall’uscita, ma a prescindere da quanti biglietti venderà, il film si distingue dai precedenti Poirot di Branagh per un maggior coraggio nella stesura della trama: il regista nordirlandese, con l’aiuto dello sceneggiatore americano Micheal Green, si ispira nuovamente a un racconto di Agatha Christie, Halloween Party, ma lo reinterpreta sfruttando al meglio l’ambientazione veneziana e legando il tema del racconto – il sottile legame tra misticismo e realtà – al delicato momento che il personaggio di Poirot vive all’interno della saga cinematografica. Un punto di vista – e un genere, l’horror – nuovo e finalmente non reverenziale di fronte a una grandissima autrice, per attirare un pubblico diverso da quello affezionato ai Poirot interpretati da David Suchet e Peter Ustinov.
Kenneth Branagh presenta un Poirot disilluso, senza più fede nell’umanità che ha saputo concepire e attuare la Seconda Guerra Mondiale, i lager, la bomba atomica. Un’umanità che non vuole più aiutare: l’investigatore va in pensione, non metterà più le sue “celluline grigie” al servizio degli altri.
Sarà solo il ritorno di una vecchia amica, la scrittrice americana Ariadne Olivier, a riportarlo sulla scena di un crimine: una cantante lirica organizzerà una seduta spiritica invitando nel suo palazzo una famosa medium, per parlare con la figlia morta suicida pochi anni prima. Una morte tragica che Venezia ha ammantato di leggenda, poiché il palazzo da dove la ragazza si è gettata era un tempo un infelice orfanotrofio. Un buono spunto per un nuovo romanzo per la Olivier, una tentazione per Poirot, che potrà smascherare una medium che lucra sulla disperazione altrui.
L’investigatore infatti non ha mai creduto ai fantasmi, a maggior ragione ora che non crede neanche più in Dio: forse proprio per questo ritrova la forza di affrontare questo e altri delitti all’interno del Palazzo…
Assassinio a Venezia è una bella sorpresa e riesce a essere più caldo degli altri due film della saga: Poirot stavolta è più protagonista, e il suo percorso attraverso il mistero e lo sconforto diventa anche il nostro. Nonostante il “flirt” del regista con il genere horror, il film rimane “per famiglie”.
Claudio F. Benedetti
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