Frank e Brenda sono una salsiccia e un panino per hot dog esposti sugli scaffali di un supermercato. Il loro più grande desiderio è essere scelti dagli umani e raggiungere finalmente il Grande Oltre, il luogo dove si immaginano potranno essere felici e coronare il loro sogno d’amore. Quando però scoprono che il loro destino è essere mangiati, cercano di fuggire e organizzare la rivolta.
Hollywood ci aveva già provato nel 2012 con Ted, film live action in cui un tenero orso di peluche veniva trasformato in un’icona negativa dedita ad alcool, droga e dipendente dal sesso. L’istanza alla base di Sausage Party è, se vogliamo, ancora più spregiudicata e scorretta. Non ci si accontenta più di prendere un singolo oggetto legato al mondo dell’infanzia, ma si arriva addirittura a infettarne il linguaggio, quello dei cartoni animati, e sempre col medesimo fine, fare una deprimente apologia dell’individualismo più becero e sfrenato.
La salsiccia e il panino diventano così espliciti riferimenti sessuali, la premessa narrativa una scusa per “costringere” i personaggi a fregarsene delle domande sul futuro e sul senso ultimo dell’esistenza, tanto finiranno tutti consumati, e a perdersi invece in orge, con rapporti anche omosessuali, e feste a base di alcool e marijuana.
E pensare che l’assunto alla base del film avrebbe permesso di sviscerare temi attuali e interessanti. Immaginarsi che i beni di consumo abbiano un’anima avrebbe potuto aprire a inedite e necessarie riflessioni sul consumismo, sullo spreco alimentare, sugli eccessi di una società che preferisce i vuoti centri commerciali alla natura. Ma niente di tutto questo. Gli uomini sono appena accennati e il cattivo del film diventa una lavanda intima femminile.
Insomma Sausage party è un film assolutamente da evitare a un pubblico di bambini, tanto che in Italia è stato vietato ai minori di 14 anni, ma da sconsigliare anche ai grandi. È infatti un’opera che finge di essere provocatoria, ma che è solo triste e vuota.
Andrea Valagussa
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