Ferro e Cate hanno appena compiuto diciotto anni e avrebbero l’esame di maturità di cui preoccuparsi, non fosse che Cate è incinta e i due ragazzi decidono di tenere il bambino perché lei ha già abortito una volta e rischierebbe di non poter avere altri figli. Le reazioni dei genitori di entrambi (piccolo borghesi quelli di lui, un proletario solo e incasinato quello di lei) vanno dallo stupore al disappunto, ma in qualche modo i due ragazzi proseguono il loro cammino verso il futuro, rendendosi conto però, a poco a poco, di quello a cui devono rinunciare. Saranno capaci di conservare la leggerezza che ha permesso loro di scommettere sulla nuova vita in arrivo?
Fin troppo facile accostare il film di Johnson al celebre e imitatissimo Juno, con cui però questa commedia italiana (inserita a sorpresa nel programma del Festival di Venezia 2016) non ha poi moltissimo in comune. Intanto perché il regista sta molto attento a calare l’avventura/disavventura dei due post adolescenti nella realtà italiana, o meglio si dovrebbe dire romana, sottolineando il senso di precarietà e incertezza del futuro che in qualche modo anche gli adulti in scena condividono con i due giovani protagonisti. Poi perché anche se la Juno italiana, Cate, è come la sua controparte americana la più tosta della coppia, la vera scelta in gioco qui non è solo e non tanto non abortire (in effetti questo è invece proprio l’aspetto se si vuole più problematico visto che in passato Cate ha già abortito senza per altro dare l’impressione che la cosa l’abbia minimamente segnata…) ma decidere di “fare i genitori”, con un impegno per il futuro che ha davvero qualcosa di vertiginoso…
Altro tocco personale alcune scene oniriche che vorrebbero amplificare i momenti chiave del percorso dei due ragazzi, visualizzando i loro pensieri e i loro sogni, ma che non sempre appaiono realmente coerenti e comunque necessarie al racconto.
Non si può dire che tutto funzioni alla perfezione in questa commedia in cui non mancano situazioni grottesche (come l’avventura di una notte di Ferro con la badante/fisioterapista assunta per occuparsi del nonno) ma va sicuramente valorizzata la sensibilità in cui il regista (anche autore della sceneggiatura) presenta le psicologie dei protagonisti, dipinti in modo realistico con i loro slanci di entusiasmo (il primo dei quali avvenuto fuori scena, quando i due hanno deciso di tenersi il bambino frutto evidentemente di un “errore”) che permettono loro di reggere botta di fronte a un mondo che fa di tutto per scoraggiarli.
Altro aspetto interessante è il confronto con gli altri ragazzi loro coetanei (il più presente è Marco, detto Patema), che vanno incontro a un più convenzionale percorso di crescita tra feste, viaggio post maturità con annesse sperimentazioni sentimentali e non, un percorso che Ferro e Cate seguono con una punta di invidia, forse, ma che in qualche modo lo spettatore percepisce molto meno decisivo del loro.
Il risultato finale è un film tutto sommato godibile, che ha anche il coraggio di lanciare qualche spunto di riflessione pur nelle sue mille contraddizioni.
Luisa Cotta Ramosino
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