Martino, napoletano di nascita, vive in Svizzera con sua sorella Caterina. Pigro e indolente, è costretto a rimboccarsi le maniche quando Caterina, a causa di un incidente, resta ferita e immobilizzata a una gamba. Le cure sono molto costose e Martino decide di chiedere in prestito del denaro al Dottor Guglielmo Gioia, presso la cui ricca abitazione Caterina fa le pulizie. Guglielmo, che di professione fa il guru nella riabilitazione dell’autostima ed è specializzato nella motivazione degli atleti, accetta di dargli del denaro, ma solo in cambio del lavoro che Martino dovrà svolgere a casa sua al posto della sorella. Il destino è crudele con il ragazzo pigro e indolente, ma gli offre una possibilità d’oro quando Guglielmo è costretto ad allontanarsi da casa per un lungo periodo. È così che Martino decide di vestire i panni del Dottor Gioia sotto le sue personali vesti di Mister Felicità. E tra un atleta e l’altro incontra Arianna, una stella del pattinaggio su ghiaccio che all’improvviso, a causa di una stupida caduta in campo di gara, si ritira perché schiacciata dall’idea del giudizio degli altri.
Alessandro Siani, dopo Il principe abusivo (2013) e Si accettano miracoli (2015) torna sul grande schermo con il suo terzo film da regista, ma il risultato non è all’altezza della comicità che aveva dimostrato, nelle semplici vesti di attore, in pellicole come Benvenuti al Sud (2010).
Mister Felicità si sviluppa su di un umorismo di circostanza, di situazione e di battuta, laddove, specialmente in questo ultimo caso, la mancanza di una struttura comica solida, continuativa e coerente indebolisce la potenza attrattiva del film. Film che resta, comunque, portatore di un messaggio positivo e raccontato in maniera sempre gradevole e mai volgare.
Il tema della felicità (come suggerisce il titolo) è al centro della narrazione e si trova incorniciato all’interno di una tradizionale commedia romantica. Questo ambìto status emotivo qui si declina in base all’esperienza di ogni personaggio della storia, anche se, a ben vedere, il messaggio finale del film riconduce ad un minimo comune denominatore. La stella del ghiaccio Arianna, per esempio, è ora infelice e depressa a causa della brutta caduta che, durante una gara, le è costato il primo posto e ha compromesso, a suo dire, la propria immagine agli occhi dei tifosi e dell’intero mondo del pattinaggio. Martino, invece, è un uomo indolente e pigro a cui la vita “semplicemente” va male. Indolenza, pessimismo e assenza di risultati soddisfacenti si rincorrono in una spirale che sembra non avere fine. Il Dottor Gioia, poi, trascorre una vita apparentemente impeccabile. Molto bravo nel suo lavoro di motivatore, è debole nell’affrontare e risolvere le fragilità della sua vita. Infine Augusta, che risucchia l’essenza della propria felicità dalle soddisfazioni sportive della figlia Arianna.
Quello che Siani cerca di raccontare, nonostante non emerga sempre chiaramente, è che il germe della felicità risiede in ognuno di noi e non può dipendere da fattori esterni. Arianna deve imparare ad accettare le cadute e a sapersi rialzare. Martino può trovare solo in se stesso la volontà di creare qualcosa di bello e deve smettere di aspettare che le soddisfazioni gli cadano dal cielo. Il Dottor Gioia ha un rapporto familiare da recuperare e può farlo solo se toglie la maschera dell’uomo perfettamente felice. Augusta dovrebbe smettere di far dipendere la propria serenità dalle vittorie di Arianna.
Insomma, Siani come sceneggiatore (con Bonifacci) e come regista ce la mette tutta per regalare un bel film ai suoi spettatori. A Mister Felicità manca, però, quella comicità acuta e brillante che ne avrebbe resa imperdibile la visione.
Maria Luisa Bellucci
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