Mentre gli Stati Uniti proclamano la fine della guerra in Vietnam, un gruppo di soldati viene spedito in una sperduta isola del Pacifico per proteggere una missione scientifica che ufficialmente dovrebbe fare delle prospezioni geologiche, a cui si aggrega Bill Randa, a capo del misterioso progetto Monarch. In realtà quello che Bill Randa sta cercando sono dei mostri e purtroppo per i nostri non rimarrà deluso. A dominare l’isola, infatti, è il gigantesco Kong, che non è nemmeno la creatura più pericolosa…
Secondo capitolo, dopo Godzilla, di quella che dovrebbe divenire una sorta di saga dei mostri della Warner Bros., questa rivisitazione del mito del gorilla gigante King Kong riesce a guadagnarsi una sua originalità grazie a un cast ben azzeccato e a una collocazione temporale, la fine della guerra in Vietnam, che viene sfruttata a pieno per arricchire un onesto racconto di avventura e mistero con gli echi letterari e cinematografici dei suoi antecedenti nel filone dei film di guerra.
Si parte dal nome del mercenario inglese interpretato da Tom Hiddleston (James Conrad, che fa il verso a Joseph Conrad, l’autore di Cuore di tenebra, ispirazione di Apocalypse Now) per continuare con le marce attraverso la giungla e i deliri di onnipotenza del comandante Preston Packard, e i selvaggi dipinti dove si è rifugiato Hank Marlow (un ottimo John C. Reilly), un sopravvissuto della Seconda Guerra Mondiale tagliato fuori dal mondo da trenta anni…
Perfettamente in tono con l’ambientazione è anche la fotografa pacifista interpretata da Brie Larson, cui tocca, come da tradizione, il rapporto di maggiore empatia con il mostro Kong, ma che tutto è tranne una damigella in pericolo e anzi ruba la scena e il ruolo all’altra star del gruppo.
Hiddleston, a dispetto delle premesse, infatti, fa poco altro che dardeggiare i suoi occhioni malinconici e dispensare poche pillole di saggezza.
La storia ha il pregio di svolgersi quasi totalmente nel palcoscenico ristretto dell’isola misteriosa, dove gli incauti soldati risvegliano, con un bombardamento dagli elicotteri a suon di musica dei Black Sabbath, non soltanto il mitico King Kong, ma anche una pericolosa razza di lucertoloni giganti.
Le ossessioni di rivincita di un militare sconfitto (Packard) si mescolano con le incaute curiosità di uno scienziato complottista, poco attento alle conseguenze delle sue azioni, e danno vita a un racconto che a tratti ricorda anche Jurassic Park. A fronte di battaglie dove gli esseri umani sembrano aver ben poche chance a fronte di forze primordiali gigantesche (era così in fondo anche in Godzilla), la morale resta comunque quella del rispetto, quasi della meravigliata devozione, di fronte alla natura, tanto più quando essa si manifesta in forme e misure straordinarie.
In questo la pellicola, pur rimanendo piacevolmente ancorata nella sua ambientazione vintage, si cala pienamente nel mainstream odierno, ma lo fa senza appesantire con discorsi eccessivamente ideologici un racconto che resta principalmente di buon intrattenimento. A questo contribuiscono delle caratterizzazioni essenziali ed efficaci dei personaggi secondari, che rispondono alla tipizzazione caratteristica del genere (il nero simpatico e chiacchierone, il sergente solitario e un po’ matto, la recluta sprovveduta e di buona volontà) ma grazie anche a buoni interpreti riescono a rimanere impressi.
Nel complesso, quindi, Skull Island riesce nel suo obiettivo gettando nel contempo le basi di avventure a venire. Non ci sono dubbi, infatti, che sentiremo ancora l’urlo di battaglia di Kong.
Laura Cotta Ramosino
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