Thor, appena tornato su Asgard, deve affrontare la morte di Odino e il ritorno di Hela, la dea della morte, che minaccia la distruzione di tutto quello che lui ha giurato di proteggere. Prima di affrontarla, però, dovrà fuggire dallo strano pianeta di Sakar, dove regna il volubile Gran Maestro. Qui Thor, senza il suo magico martello, dovrà affrontare nell’arena un vecchio amico da lungo scomparso e riconquistare la fiducia di un’alleata da tempo perduta…
L’ultimo film dedicato a Thor, diretto dal neozelandese Taika Waititi con piglio personale e spudorato, spinge ancora di più il pedale della comicità già ampiamente sfruttato dai Guardiani della galassia, e lo fa applicandolo a uno dei personaggi originariamente più “seriosi” dell’universo Marvel, la cui prima uscita in solitaria era stata affidata alla mano shakespeariana di Kennet Branagh.
Qui invece, a dispetto del titolo, che evoca la tragica ed epica fine degli dei nella mitologia nordica, il film di Waititi è un divertissement dove ogni occasione è buona per fare umorismo di grana non sempre fine e anche le situazioni più tragiche finiscono per diventare spunto di lazzi e battute. A quanto pare una parte dei dialoghi è il risultato dell’improvvisazione sul set, e forse è a questo che va imputata la sensazione di “siparietto” che alcune situazioni finiscono per creare a discapito di una vera tensione narrativa.
Nessuno sembra prendersi davvero su serio, nemmeno quando si parla di fine del mondo imminente e di stermini di interi universi e non è soltanto la potenza guerriera del dio del tuono a essere messa in discussione ma la sua stessa identità di eroe, ridotto a un gladiatore che dà spettacolo a beneficio del popolo di Sakar. Hemsworth e Hiddlestone, fratelli diversi qui alleati per necessità, rinfrescano il repertorio della loro rivalità ma con il tono di chi sa già sempre come andranno a finire le cose. Anche Hulk/Bruce Banner, la cui duplice natura era uno dei fulcri drammatici nell’ultimo Avengers, qui vira verso una sorta di commedia alleniana con sprazzi di vero e proprio slapstick.
Mentre su Sakar va in scena un’avventura con i tratti della farsa, su Asgard si consuma la tragedia di una dea assetata di potere e conquista, disposta a distruggere il suo popolo per ottenerla, ma sfortunatamente i due ingredienti non si mescolano mai in modo convincente, così che anche il tentativo di inserire qualche elemento più serio non prende mai davvero radici nella storia. Hela, sorella dimenticata di Thor, non è un semplice villain venuto da chissà dove a minacciare Asgard, ma il relitto di un’identità precedente e porta alla luce l’ipocrisia latente del regno di Odino, fondato a suo tempo sulla violenza, e solo più tardi “convertito” a dominio illuminato e pacifico.
Nell’eterna sfida tra l’onorevole e istintivo Thor e l’astuto, vigliacco e imprevedibile Loki, Hela si inserisce come un elemento di disturbo che costringe a ripensare in toto l’eredità che la morte di Odino ha lasciato dietro si sé e smaschera i fondamenti di “destino manifesto” (l’allusione agli Usa non è nemmeno tanto sottile) che forse non è mai stato tale.
Uno spunto interessante, che avrebbe forse potuto dare a questo cinecomic qualche pretesa in più del puro intrattenimento, ma che non viene mai perseguito con la giusta convinzione. Per non guastarsi le risate, del resto, il film soprassiede con una sconcertante nonchalance anche sul lutto per la perdita di un padre che per Thor sembra contare meno di quella del suo martello.
Thor nella sua ultima avventura si limita a svolgere la funzione di tassello dell’ormai esteso universo Marvel facendo le veci più del giullare di corte che dell’eroe che è sempre stato.
Laura Cotta Ramosino
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