Come molte coppie, anche Viviana e Modesto sentono di essere arrivati ad un punto della loro relazione in cui hanno solo due alternative: o lasciarsi o intraprendere un percorso di terapia, insieme. Fin qui tutto normale, se non fosse che Viviana e Modesto non sono una coppia normale: loro, infatti, sono amanti. Cosa succede quindi quando in terapia non si va per salvare il proprio matrimonio, ma la propria storia clandestina?
Tratto dall’omonimo libro di De Silva, Terapia di coppia per amanti tratta una tematica comune inserendola però in un contesto fuori dal comune: a seguire la terapia, infatti, è sì una coppia ma una coppia di amanti. È evidentemente un’idea da trattare con ironia, come De Silva fa nel suo romanzo, e come Federici, regista del film, cerca di fare sullo schermo (con l’aiuto e la supervisione di De Silva stesso che ne firma la sceneggiatura).
L’inizio del film punta molto su questa ironia, grazie anche ai due protagonisti e in particolar modo al personaggio di Modesto (interpretato da Pietro Sermonti), che ha sempre la battuta pronta e non perde occasione per sdrammatizzare tutto quello che vive. E se all’inizio, appunto, si ride molto, il film va via via sgonfiandosi in un susseguirsi di situazioni sempre meno credibili fino ad un finale da una parte grottesco e dall’altra banale.
La forza e allo stesso tempo la debolezza del film è proprio la stranezza nel vedere due amanti che seguono una terapia: un assunto insolito e accattivante, che incuriosisce ma che ben presto rischia di stancare.
I due poli della storia sono ovviamente Viviana e Modesto e, come tutti i poli che si attraggono, sono opposti: Viviana è nevrotica, impulsiva, piena di una passione che rischia di travolgerla. Modesto invece è un uomo che preferisce farsi trasportare dagli eventi, un uomo la cui filosofia di vita è lasciare le cose come sono, finchè durano.
Ad aiutarli in questo percorso è il terapista Malatesta (interpretato da Sergio Rubini), che è un professionista molto apprezzato non solo dai colleghi ma anche dal mondo televisivo (tiene infatti una rubrica in un programma). Allo stesso tempo, però, Malatesta non è immune dai meccanismi comportamentali dei suoi pazienti, e questo lo rende un personaggio complesso, fragile e combattuto tra cosa è giusto fare e cosa desidera.
Nonostante i tre personaggi risultino ben caratterizzati (quasi stereotipati nei loro tratti così ben riconoscibili), la storia ha una struttura fragile e ripetitiva, che non permette loro di cambiare ma che, al contrario, li fa girare più volte su se stessi fino a far prendere loro una decisione senza averne spiegato il motivo o l’origine. È così che il film risulta sgonfio, sicuramente ben confezionato (soprattutto grazie alla musica che gioca un ruolo importante – non per niente Modesto stesso suona in un gruppo jazz), ma che in ultima analisi non riesce a centrare il bersaglio.
Terapia di coppia per amanti è un film che nella prima parte conserva una struttura ritmata e coinvolgente, ma che purtroppo scade presto nei clichè della commedia romantica, senza picchi di originalità e recuperando in modo tanto frettoloso quanto scontato sul finale.
Elena Santoro
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