In una galassia lontana lontana…Han, orfano cresciuto nel malfamato pianeta Corelia, riesce a fuggire e cerca di costruirsi una vita seguendo il sogno di diventare pilota. La sua strada incrocia quella di Tobias Beckett, un avventuriero al soldo del sindacato criminale dell’Alba Cremisi, da cui si fa coinvolgere in un audace furto su commissione. Ma le cose si complicano per la banda e Han dovrà dimostrare tutta la sua abilità per cavarsela…
Tecnicamente film come questi nel mondo ormai brandizzato della Disney (che possiede ormai sia il vasto universo Marvel che il franchise di Guerre Stellari) si chiamano origin story, perché raccontano al pubblico come un personaggio noto è diventato quello che conosciamo. In pratica, il Ritratto dell’Eroe da Giovane.
In questo caso Solo è anche parte di un piano commerciale (difficile intenderlo in un altro modo) di espansione delle storie che girano attorno alla guerra tra Jedi e rappresentanti del lato oscuro della forza, iniziato un anno e mezzo fa con il più riuscito Rogue One.
Se allora i personaggi, a parte qualche cameo, erano sconosciuti solo tangenzialmente coinvolti nelle vicende principali, qui a fare da protagonista è Han Solo, uno dei tre personaggi principali della trilogia , indissolubilmente legato per la prima generazione di spettatori alla faccia da schiaffi di Harrison Ford.
Il difficile compito di portarne i panni guasconi e affascinanti posa sulle spalle di Alden Ehrernreich (che in Ave Caesar! dei fratelli Coen era l’amabile cowboy che storpiava ripetutamente le battute di una commedia sofisticata) che tutto sommato fa il suo, senza lasciarsi scappare troppi ghigni sarcastici e, anzi, piegando il personaggio più verso un’ingenua tenerezza romantica, come un bambino avventuroso che provasse la parte del cinico avventuriero che ancora non è.
Ovviamente i punti forti della storia sono quelli in cui la strada di Han finalmente incrocia quella dei suoi futuri compagni di avventure: lo wookie Chewbecca e il giocatore imbroglione Lando Carlissian (il lanciatissimo Donald Glover), primo proprietario della Millenium Falcon.
Vedere Han pilotare la prima volta il suo mezzo tra pozzi gravitazionali e masse di asteroidi fa lo stesso esaltante effetto che vedere Bruce Wayne indossare la maschera da pipistrello.
Peccato che la storia scritta dai Kasdan padre e figlio, ma anche gli altri personaggi di contorno, compresa la “fidanzatina” di Han, Qi’ra, non vadano molto oltre gli onesti stereotipi di un genere avventuroso su cui, superata la meraviglia per le belle sequenze di azione e qualche invenzione visiva, pesa la tendenza al didascalico (alla Disney amano ripetere le cose agli spettatori distratti e quando finalmente dovrebbe arrivare in scena una sorpresa è difficile stupirsi davvero) e la vocazione commerciale dell’operazione (che si spiana la strada per altri lucrativi sequel).
Nel finale la vicenda tenta anche di prendere una piega “politica”, con la lotta appena intrapresa di un nucleo di coraggiosi contro la forza combinata di imperiali e di malvagie multinazionali del crimine, ma l’operazione di critica sociale suona francamente un po’ forzata.
Non un film senz’anima o invenzione, quindi, ma di certo meno ispirato e sorprendente di Rogue One (che aveva il coraggio di un finale tragico ed eroico). La sensazione, fatto il bilancio di quattro pellicole (due della linea principale e due indipendenti) è che la “nuova proprietà” stia facendo con Star Wars un lavoro meno interessante che con la Marvel, trattando un universo narrativo più come un pozzo di petrolio da sfruttare che con il rispetto dovuto a una mitologia “sacra” per milioni di spettatori. Una mancanza di scrupoli degna del Lato oscuro della Forza….
Laura Cotta Ramosino
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