Il noto giornalista televisivo Giorgio Selva (Claudio Bisio) convive con il figlio diciassettenne Tito (Gaddo Bacchini). Il rapporto tra i due è sempre più difficile, ma l’arrivo di Alice, una ragazza dall’aria triste di cui Tito si innamora, sarà l’occasione perché padre e figlio possano in qualche modo affrontare le loro diversità.
Dopo il divorzio, Giorgio, diviso tra il ruolo di presentatore televisivo e quello di padre apprensivo, si è letteralmente segregato in casa. Nel tentativo disperato di recuperare il rapporto con il figlio ormai più che adolescente e sempre più lontano da lui, finisce per essere talmente pesante da diventare quasi insopportabile. Da parte sua Tito trascorre le sue giornate a gironzolare in bicicletta con gli amici, fumare e bere fiumi di alcol nei locali, per poi tornare a casa il più delle volte ubriaco senza capire né dov’è né chi sia quell’uomo sempre più preoccupato, che tutte le volte lo riaccoglie, nonostante tutto. E’ un adolescente confuso e diviso. Diviso tra due case, quella della madre e del padre, diviso tra il gruppo storico di amici inseparabili e l’amore per la bella Alice, che i suoi compagni di sempre proprio non li sopporta.
Ed è l’arrivo di Alice a innescare qualcosa in questa situazione che pare non avere una via d’uscita. Figlia di una ex donna di servizio dei Selva, con cui Giorgio aveva avuto una relazione segreta, la ragazza potrebbe rivelarsi un bel problema per la vita del noto conduttore. Ed è così che Giorgio si riaccende di interesse per la vita privata del figlio, e finalmente i due sembrano trovare un punto di contatto comune.
Il film, ambientato in una Milano più bella che mai, riesce in maniera molto onesta a rappresentare il mondo degli adolescenti moderni e quello dei loro genitori. Due universi ormai troppo lontani, che solo di tanto in tanto sembrano ritrovare un contatto.
Adolescenti che vivono di notte, che vivono nel gruppo, che vivono nei loro sogni che non sono forse nemmeno in grado di perseguire. Affetti consumati in fretta, con forti passioni che nascondono una profonda incomunicabilità. Non a caso infatti Tito e Alice non riescono mai a comunicare veramente, non c’è amicizia, ma solo attrazione, tanto che dopo poco i telefonini ritornano ad essere i migliori compagni e non ci si guarda più nemmeno in faccia.
Poi i genitori, isterici, nevrotici, iper-apprensivi e protettivi nei confronti dei figli, ma mai veramente interessati a loro, perché troppo presi da altro. Si lamentano dei loro pargoli, richiedono rispetto delle regole e condivisione, senza rendersi conto che quei ragazzi non sono altro che il frutto dei loro errori e del loro spropositato egoismo.
Molto interessante è la scena in cui Tito e Giorgio sono dallo psicologo che, con una commovente interpretazione di Gaddo Bacchini, mette in scena il profondo disagio di Tito, vittima sacrificale della dolorosa e mai risolta separazione dei genitori, che altro non ha fatto che confonderlo interiormente in una fase così delicata della sua esistenza.
E l’incomunicabilità sembra essere alla base di ogni rapporto famigliare, senza differenza di ceto sociale, di provenienza e di religione. La macchina da presa entra a spiare di nascosto le famiglie dei vari ragazzi, ma in ogni casa trova solo una profonda solitudine.
Unica figura positiva è quella del nonno, uomo d’altri tempi, poco colto ma che ha sacrificato tutta la vita per la famiglia, rimanendo sempre legato alla moglie, alla figlia (la moglie di Giorgio). Il nonno sembra essere l’unica autorità reale di riferimento per il nipote tanto confuso e il suo sgangherato gruppo di amici.
Gli sdraiati è un film vero, che tenta di rappresentare con un punto di vista realistico la situazione di tanti rapporti famigliari difficili; tiene aperta la ferita e non intende proporre soluzioni a buon mercato o fare la morale; solo accenna, senza purtroppo approfondire, che il perdono potrebbe forse essere un’ipotesi percorribile per ripartire.
Ilaria Giudici
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