Spencer, Alek ed Anthony sono tre giovani americani, amici fin dai tempi delle elementari, che decidono di darsi appuntamento in Europa per una vacanza in treno. Dopo Italia, Germania e Olanda, da programma, l’ultima tappa del giro turistico è Parigi. Sul convoglio partito da Amsterdam però accade l’impensabile: un terrorista islamico, armato fino ai denti, semina il panico tra i passeggeri. I tre amici intervengono per sventare la strage.
Il film è tratto dall’autobiografia dei tre americani coinvolti, loro malgrado, nel tentato attacco terroristico che nel 2015 ha sconvolto l’Europa intera. I protagonisti, con un atto di estremo eroismo, hanno ingaggiato un violento corpo a corpo con il terrorista di origini marocchine, neutralizzandolo e salvando così decine di vite umane.
Non è la prima volta che Clint Eastwood si confronta con una storia vera (Invictus, American Sniper e Sully, solo per citarne alcuni) ma è d’altra parte senza precedenti la scelta di affidarsi alla recitazione dei veri protagonisti della vicenda, conferendo al film un’ulteriore dose di realismo, quasi a livelli documentaristici, avallato anche dall’asciuttezza della regia e dalla quasi totale assenza di colonna sonora, oltre che dalle immagini di repertorio inserite nel finale, estremamente toccanti e suggestive, nelle quali riconosciamo i tre eroi/attori ricevere la legione d’onore, massimo riconoscimento francese, dall’allora presidente Francois Hollande.
In realtà, il terribile fatto di cronaca al centro della vicenda (che nell’economia del film occupa uno spazio davvero ristretto e per lo più relegato al finale) si rivela un pretesto per raccontare la storia di una bella amicizia, in una sorta di lunghissimo flashback (dai ritmi un po’ lenti a dir la verità, soprattutto nella prima parte), lungo quasi una vita intera, tra tre persone che come tutti cercano da sempre di dare un senso alla propria esistenza.
Proprio sotto questo aspetto non è un caso che il regista in particolare, abbia scelto di raccontare i fatti dal punto di vista di Spencer Stone, il vero protagonista del film, essendo dei tre quello che fin da piccolo ha sentito con più forza, e soprattutto con più consapevolezza, il desiderio di lasciare un segno nella storia (che poi è quello a cui siamo chiamati un po’ tutti, ogni giorno, ciascuno nel proprio piccolo). Attraverso questo personaggio – che è anche quello che durante l’attacco con il suo intervento si è preso i rischi maggiori, riportando oltretutto importanti danni fisici – Clint Eastwood si lancia in una sorta di ideale dichiarazione d’amore per il proprio Paese ma sempre con lo spirito pacatamente critico che lo contraddistingue, ribadendo (non che ce ne fosse bisogno) la sua bravura nello scegliere storie che abbiano al centro eventi e personaggi memorabili ma con profonde contraddizioni e fragilità.
Nello specifico, pur esaltando l’eroismo dei suoi connazionali (all’epoca dei fatti, Spencer e Alek avevano intrapreso già da tempo la carriera militare sognata fin da piccoli), il regista porta abilmente in scena limiti e ipocrisie del popolo americano, così religioso ma al tempo stesso così incline alla violenza armata. Il film infatti sembra quasi dirci che l’unica risposta che questo Paese offre a chi, come il piccolo Spencer – che ogni sera pregando, chiede di essere strumento di pace – sia quella di imbracciare un fucile e arruolarsi nell’esercito. Anche se alla fine, nonostante tutto, quello che conta per davvero è quel desiderio di grandezza che non è prerogativa di una nazione piuttosto che di un’altra, ma di quella parte di umanità, quella sana, (di cui una magnifica rappresentanza era a bordo di quel treno) che sceglie ogni giorno di combattere per il bene.
Gabriele Cheli
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