L’agenzia di sicurezza Kingsman viene distrutta e con essa tutti i suoi agenti, ad esclusione di Eggsy e Merlino. È il momento insomma di attivare il protocollo Apocalisse. È così che i nostri superstiti scoprono di avere degli insperati alleati negli Stati Uniti. E se gli agenti inglesi avevano una sartoria come copertura e i cavalieri della Tavola Rotonda per i nomi in codice, gli Statesman usano invece una distilleria e i super alcolici. Insieme dovranno fronteggiare lo spietato attacco della narcotrafficante Poppy, pronta a ricattare i potenti del mondo perché gli stupefacenti vengano legalizzati e lei sia riconosciuta come la più grande imprenditrice del pianeta.
Dopo il successo al botteghino del primo film, Matthew Vaughn porta sullo schermo un nuovo capitolo della variante fracassona e fumettistica dei film di James Bond. E l’operazione è, se possibile, ancora più esplicita: sapiente mix di ironia, coreografie sadiche, ostentazione gratuita della violenza e morale di fondo discutibile. Tutto sembra lecito sotto la patina glamour, il ritmo incalzante, il non prendersi mai, apparentemente, sul serio: spappolare nemici in un enorme tritacarne, servire hamburger di carne umana, uccidere, maciullare, tradire e persino consumare droga.
Il cattivo di turno è, o almeno sostiene di esserlo, un’imprenditrice di successo. Certo traffica in stupefacenti, ma chi non ne fa uso? E per dimostrarlo inserisce un morbo mortale nei suoi prodotti. E in molti si ammalano. Persino le spie, gli assistenti del Presidente, o la fidanzata di Eggsy che ha fumato uno spinello per riprendersi da una delusione sentimentale. Il ricatto di Poppy è chiaro: siccome tutti consumano droghe, rendiamole legali, così lei potrà uscire dalla sua latitanza ed essere riconosciuta per le sue capacità imprenditoriali. E in questo mondo di valori rovesciati, il vero cattivo diventa il Presidente degli Stati Uniti che, fingendo di assecondare Poppy, valuta di sacrificare i consumatori sognando un mondo libero dalle dipendenze e dal crimine. Un dilemma in potenza profondo e persino drammatico, ma qui trattato con superficialità e atteggiamento conciliatorio, come se il problema non fosse nel consumo di droghe, ma nell’accanirsi contro chi cade in tentazione.
Da un punto di vista filmico insomma un’opera di intrattenimento colorata e a tratti avvincente – indimenticabile il cameo di Elton John nell’improbabile ruolo di salvatore del mondo piumato e pieno di paillettes. Da un punto di vista morale un prodotto pericoloso e sconsigliabile, soprattutto al pubblico teen a cui la confezione sembra strizzare l’occhio.
Andrea Valagussa
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