Anna è una fumettista agli esordi, creativa e allergica alle convenzioni; Marco un professore universitario di fisica che insegna agli alunni che il tempo non esiste. Si imbattono uno nell’altro casualmente in una Milano inedita e con altrettanta apparente casualità si rincontrano per innamorarsi e non perdersi più. In vent’anni la loro vita insieme li vede cambiare, tradirsi, riaccogliersi, vivere passione, entusiasmi, fatiche e grandi dolori. La dimostrazione che ci vogliono dei superpoteri per amarsi una vita intera, perché “una coppia è tale se dura, altrimenti sono solo due persone che stanno insieme”.
Paolo Genovese fin dai tempi di Immaturi (2011) riflette sulle “ingiurie del tempo” che minano la spensieratezza giovanile e ostacolano quella fedeltà nei rapporti che in fondo tutti cerchiamo. Anche il grande successo di Perfetti sconosciuti (2016) si fondava sulla ricerca di ciò che consente alle relazioni di rimanere autentiche anche quando la routine le aggredisce. Con questo suo ultimo film il regista romano, dopo l’esperienza diversa ed un po’ eccentrica di The Place (2017) torna al genere a lui più congeniale della commedia sentimentale e indaga su quali siano i “superpoteri” che una coppia può mettere in campo per rivelare a se stessa che il “per sempre” è possibile e che l’amore, lungi dall’essere “solo” un sentimento, si alimenta più della volontà reciproca di stare insieme che dell’intensità della passione iniziale. Se Supereroi nella forma, con un montaggio non lineare, che spazia sui vent’anni considerati, si muove a tratti in modo eccessivamente rapsodico (col rischio che lo spettatore perda il filo della narrazione), nella sostanza il film è una classica love story che segue i protagonisti (che lasciano poco spazio a comprimari solo abbozzati, fra cui la madre di lei tutta presa solo dalla sua ricerca di successo) attraverso i passaggi di ogni vicenda di coppia e ne mette a nudo le difficoltà, le crisi, ma anche le inesauribili potenzialità nella misura in cui i due partner non perdono l’essenziale onestà reciproca.
Il racconto avrebbe potuto virare verso un finale disfattista o disperato, accodandosi a tanti titoli degli ultimi anni, quasi che per descrivere la relazione di coppia non si possa che evidenziarne i fallimenti con un iperrealismo senza speranza. Invece l’autore Genovese ha il coraggio di proporre un’alternativa abbastanza inedita nel panorama contemporaneo e propone una chiave più propositiva, in cui il legame va oltre le cadute e le incomprensioni non hanno l’ultima parola. Lo scorrere del tempo pare inesorabile, portando con sé gelosia, tradimento, una gravidanza presunta e una effettiva che sarà portata a termine (la vita prevale!). I due amanti sanno andare oltre il colpo di fulmine, non smettono di dialogare (il film è molto parlato anche se Trinca e Borghi sanno comunicare anche con gli sguardi), si interrogano sul senso del loro essersi attratti e provano ad amarsi davvero, con perseveranza, fino ad affrontare anche quelle che sembrano le avversarie innominabili tanto apparentemente più potenti di loro, ovvero la malattia (prima di lui, poi di lei) e la morte. Anna e Marco sono cambiati da quando si sono conosciuti e quest’ultimo dovrà ammettere ai suoi studenti che le fredde teorie per cui anche il tempo è una convenzione si infrangono di fronte alla concretissima verità dell’amore. Anche grazie alla commovente scena finale, pur senza affidare agli sceneggiatori alcun intento confessionale, verrebbe da dire, echeggiando il Cantico dei Cantici che chi si ama è un supereroe perché “Più forte della morte è l’amore”.
Giovanni Capetta
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