Guy vive a Free City, subendo abusi e soprusi ogni giorno con un sorriso; Guy infatti non sa di essere un PNG (personaggio non giocabile) dentro un videogioco.“Free City” è il videogioco online open world di maggior successo al mondo; nonché un plagio. Antwan, il capo della compagnia, ha rubato il codice sorgente da un progetto di due competitor, Walter e Millie. Da allora Millie cerca le prove per incastrare Antwan; ed esse sono nascoste dentro il videogioco. Sarà una sorpresa per Guy incontrare Millie, la sua creatrice: perché innamorandosene, un nuovo codice si attiverà dentro di lui, affrancandolo dal gioco e permettendogli di diventare anche lui un giocatore nel suo mondo.
Chi ha mai giocato a Grand Theft Auto, sa che al di là delle storie di mafia e criminalità, il vero obiettivo del giocatore è tutt’altro: inseguimenti, sparatorie, esplosioni, carri armati ed elicotteri abbattuti con i bazooka; lo scopo del gioco è di riversare follia e adrenalina per le strade di una città “immortale”. Free Guy riporta in vita quel sentimento. La città di Free City è una matrioska di riferimenti, easter egg e citazioni dal mondo pop e della videoludica.
Vengono alla mente altri film che hanno operato misture simili: Ralph Spaccatutto per l’animazione, e poi Pixels e il più recente Ready Player One per la fiction. Ma Free Guy si distingue da questi titoli per due aspetti: da una parte l’umiltà di non volersi rivolgere a una nicchia di esperti, dall’altra la capacità di creare un nuovo mondo coerente e dentro cui è divertente immergersi.
Il film, come il suo mondo, è un giocattolone di effetti speciali. In un videogioco la violenza non fa paura perché non ha ripercussioni. A ogni game-over inizia una nuova partita.
Ma senza dramma allora di cosa si può parlare? Paradossalmente: la mancanza di dramma diventa il dramma stesso. Senza aprire le porte a nuove dissertazioni filosofiche, il problema di Guy sarà capire cosa significa essere libero, essere una persona quando si è un videogioco. “Sono reale?” continua a chiedersi il nostro protagonista. In fondo cosa significa essere “reali”? Cosa fa di un individuo una persona e non solo la somma dei fattori chimici, biologici, sinaptici e delle coincidenze che gli accadono e lo trasportano?
Un interrogativo simile se lo poneva molto maldestramente la serie tv Westworld. È il tema dell’intelligenza artificiale che prende coscienza di sé, e che permette ancora una volta alla creatura umana di mettersi nei panni del Creatore.
Ma forse ci spingiamo troppo in là: come detto prima, il film non avanza tutte queste pretese.
Però si può certamente apprezzare il finale; a differenza del già citato Ready Player One, il mondo virtuale non è – solo – una scappatoia avventurosa dalla realtà che delude. Perché i videogiochi sono storie e le storie ci insegnano a vivere.
Ogni persona si sveglia nella sua città e ha una partita da giocare. Durante il film Free City diventa uno specchio per Millie, permettendole di svegliarsi e di accorgersi di quello che ha davanti agli occhi.
Perché in fondo i videogiochi dovrebbero essere questo: lo specchio virtuale in cui osservare il nostro riflesso.
Alberto Bordin
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