Una famiglia molto allargata si ritrova su una minuscola isola per festeggiare le Nozze d’Oro dei nonni. A causa del maltempo che interrompe i collegamenti con la terraferma, il ritrovo familiare si prolunga più del dovuto e, piano piano, la facciata di affetto reciproco si sgretola per lasciar spazio a ben più tumultuosi sentimenti.
I film corali, in cui diverse relazioni si intrecciano e si specchiano l’una nell’altra fino ad andare a comporre un’unica storia nella mente dello spettatore, erano già stati sperimentati con successo da Muccino: sia L’ultimo bacio che Baciami ancora avevano questo tipo di struttura. Con A casa tutti bene il regista sembra volersi spingere ancora oltre e riesce in pochi minuti a introdurre lo spettatore in un mosaico familiare di insolita complessità, composto da una ventina di personaggi di ogni età e dalle loro relazioni (matrimoniali e non) tutt’altro che semplici.
Il cast di attori, di ottimo livello e ben diretti, riesce a interpretare con estrema naturalezza quello che in realtà è un meccanismo calcolato in ogni dettaglio e che fin dall’inizio lo spettatore attento vede avviato verso il suo punto di rottura. Infatti, già nei primi minuti di film, quando ancora la famiglia è tutta abbracci e sorrisi, ogni personaggio è delineato quel tanto che basta per scontrarsi al meglio con gli altri. Non per cattiveria né per caratteri estremi (l’autore rifugge queste facili soluzioni e sceglie un campionario di personaggi credibili e non eccessivamente stereotipati), quanto per la loro oggettiva incapacità di andare oltre se stessi e i propri bisogni.
Senza entrare nel merito delle singole storie, possiamo dire che proprio questo è il tratto che accomuna più profondamente i personaggi tra di loro e li lega a molti altri usciti dalla penna di Muccino: sono tutti adulti immaturi e insoddisfatti, bisognosi di affetto e di conferme, nostalgici dell’ebrezza di un innamoramento che non è mai riuscito ad evolversi in un sentimento più profondo. Non si può negare che questa fotografia descriva in maniera non banale una parte consistente della nostra società, ma rimane un po’ sterile in mancanza di un modello alternativo a cui guardare.
“Invidio chi ce la fa davvero, non chi fa finta” dice a un certo punto un personaggio, pensando alla sua difficile vita matrimoniale. Ma di coppie che ce la fanno davvero, noi non ne vediamo. Certo, ci sono i nonni, arrivati felicemente alle Nozze d’Oro, ma sono guardati con una sorta di distacco, come rappresentanti di un’altra generazione (e anche loro hanno preferito ritirarsi a godere la pace dell’isola piuttosto che stare vicini al marasma di figli e nipoti). E poi c’è il cugino povero con la compagna incinta e la coppia di adolescenti, forse tra le storie più interessanti per la loro dolcezza, ma entrambe raccontano di un amore ai suoi albori. Quello che manca è un amore in grado di durare, senza trasformarsi in una trappola soffocante per chi lo vive. E la piccola isola paradisiaca su cui si svolge tutta l’azione diventa così la metafora più efficace per raccontare la famiglia secondo Muccino: un posto bellissimo, di cui si sente la mancanza e il desiderio di tornare (perché soddisfa il più profondo bisogno d’affetto), ma che si trasforma una prigione se si è costretti a starci troppo a lungo.
Scegliere un film 2018
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