Nella notte della semifinale del campionato mondiale una macchina, guidata da Leandro Saponaro, produttore cinematografico ormai sul lastrico, cade dal ponte di Trastevere. Si sospetta subito un omicidio e sono interrogati i tre ragazzi finalisti del Solinas che hanno avuto l’ultimo contatto con lui.
Le notti sono magiche quando tutti gli italiani, riuniti insieme davanti a uno schermo all’aperto, tifano per la Nazionale. Quando sperano e desiderano la vittoria seguendo la telecroncaca con la voce inconfondibile di Bruno Pizzul. E anche lì a Roma, la notte della semifinale, mentre la delusione per la sconfitta con l’Argentina invade gli animi degli sportivi, c’è una morte improvvisa. Un’auto cade da un ponte del Tevere. E in quell’auto c’è Leandro Saponaro (Giancarlo Giannini), un produttore cinematografico ultrasessantenne. Suicidio o omicidio? Il capitano dei carabiniere (Paolo Sassanelli) convoca tutti per un interrogatorio. Però i primi coinvolti sono quei tre ragazzi, giovani e forse fintamente inesperti, che sono a Roma perché hanno talento, perché sono i finalisti del Premio Solinas. Sono i tre che hanno avuto contatti con il morto, assicura la giovane amante di Saponara, Marina Rocco. Sono loro i colpevoli, non ci sono dubbi. E così inizia un veloce, nero flashback, in cui i tre (che ricordano gli stessi sceneggiatori dei film, Paolo Virzì, Francesco Piccolo e Francesca Archibugi) sono costretti a raccontare i loro giorni romani.
Luciano (Giovanni Toscano) è toscano, seducente senza ambiguità, diretto e volenteroso. Non teme i giudizi, fa e ottiene quello che vuole (come chiedere alla starlette matura, interpretata da Ornella Muti, di mostrargli il suo corpo solo per guardare) e non sa gestire il rapporto con la sua ragazza, anche lei toscana, giovane madre di suo figlio.
Poi c’è il provinciale Antonino (Mauro Lamantia): viene dalla Sicilia, è il più talentuoso dei tre, ha vinto il premio in denaro del Solinas e ha uno sguardo ingenuo nei confronti di tutto, anche dei suoi sentimenti.
E infine c’è la ricca Eugenia (Irene Vetere), talmente timida da essere paranoica, che si rifugia nella droga per avere il controllo dei suoi pensieri e stati d’animo, che si paralizza di fronte al suo mito, l’attore Jean-Claude Bernard, che non guarda in faccia la donna che entra nella sua roulotte sul set (in questo caso Eugenia) e non perde tempo a possederla. E soprattutto ha una casa in centro talmente bella che può ospitare i due nuovi amici, che non hanno una dimora romana.
Il racconto di loro tre inizia e si fa un tutt’uno in quei giorni di quegli anni ’90 quando il sogno di fare cinema sembra allo stesso tempo possibile, inverosimile, surreale. Una condizione, quella dei protagonisti – produttori, sceneggiatori, attori e famosi registi – che è volutamente rafforzata da una luce particolare, gialla, scura, mai splendente (bravissimo il direttore della fotografia Vladan Radovic).
Lo sguardo realistico e a volte troppo cinico di Paolo Virzì diventa la cifra di tutto il film, che è sicuramente un divertissement per i cultori e i giornalisti del cinema italiano, per chi conosce volti, nomi, costumi di chi ha fatto grande, irriverente e irredimibile il nostro cinema. Come non sorridere quando si cita il regista Pontani, quel maestro dell’incomunicabilità (il nostro Michelangelo Antonioni), vincitore della Palma d’oro a Cannes per il film La chiusura. C’è l’avvocatessa Giovanna Cau, ci sono gli sceneggiatori Age e Scarpelli, i registi Ettore Scola e Giuliano Montaldo, e tanti altri ai quali Paolo Virzì volutamente non sceglie di dare il nome reale, ma li evoca attraverso le loro manie, le idiosincrasie. Ad eccezione di due, l’attore Marcello Mastroianni e il regista Federico Fellini sul set de La voce della luna. Però poi alla fine i protagonisti, con le loro particolarità, eccessi e debolezze, rischiano di essere i personaggi di se stessi e di stancare. Per loro lo spettatore non prova alcun desiderio di identificazione: li osserva, li giudica e, se conosce il cinema italiano, si diverte per le battute che denudano vizi e malcostume dello spettacolo. Solo per quelle. Di magico resta solo la canzone di Gianna Nannini e Edoardo Bennato.
Scegliere un film 2019
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