Earl Stone, un tempo floricultore di successo non troppo attento alla sua famiglia, si trova sul lastrico per colpa della diffusione delle vendite via internet. Casualmente riceve l’offerta di usare la sua esperienza di grande (e prudente) viaggiatore sulle infinte strade degli States per effettuare dei trasporti per conto di una banda di narcos. Dovrebbe essere solo un viaggio, per ricavare il denaro necessario a rimettersi in sesto, ma Earl (soprannominato Tata, «il nonno” dai narcos), si dimostra particolarmente bravo e i viaggi del “mulo” continuano. Degli agenti della DEA guidati dal determinato agente Bates, però, hanno messo il loro radar su quella rete di trafficanti e il cerchio intorno a Earl si stringe sempre di più…
In una pellicola che in qualche modo è la summa, nei toni, nei temi e nella scelta dei personaggi, di alcuni suoi lavori precedenti (da Gran Torino, scritto dal medesimo sceneggiatore, passando per Un mondo perfetto, per finire con American, di cui Bradley Cooper era protagonista), il nuovo (e si dice ultimo) film di Clint Eastwood rielabora una vicenda reale (quella di Leo Sharp, floricultore prestato come corriere al cartello di Sinaloa) per creare una parabola umana dal significato anche troppo chiaro: mai dimenticare di mettere la famiglia davanti al lavoro (nel successo così come nella crisi), altrimenti si resterà soli.
Il vecchio Earl, parente meno scorbutico del protagonista di Gran Torino (con cui però condivide dal patriottismo ad un certo “bonario” razzismo), non è un uomo cattivo, ma nella sua lunga vita ha evidentemente scelto sempre se stesso (la gratificazione dei premi vinti per i suoi bellissimi fiori, la compagnia festaiola degli amici, forse anche qualche amicizia femminile di troppo, visto che anche nella sua carriera di corriere non disdegna la compagnia delle donnine offerte dai narcos) a discapito della sua famiglia.
La moglie lo ha lasciato e non manca mai di ricordargli con una certa cattiveria i suoi fallimenti di marito e di padre; la figlia non gli parla più (del resto lui era al bar con gli amici quando lei si sposava); la nipote è l’unica a dargli una chance (e ironicamente è alla festa di fidanzamento di lei che Earl viene notato dai suoi futuri datori di lavoro…).
La pellicola ha un andamento estremamente classico (come quasi tutti i film di Eastwood regista, del resto), rifugge il dramma più forte (che è il cuore di lavori forse più potenti come il già citato Un mondo perfetto e Million Dollar Baby) a favore del racconto spesso anche molto brillante (Earl è un uomo che guarda in faccia il pericolo senza timore e gioca al gatto col topo con l’agente che lo cerca con irresistibile ironia – e profondità) di un uomo che allontanandosi per l’ennesima volta da casa saprà forse finalmente ritrovare la giusta gerarchia dei valori.
E così, se nella prima parte lo spettatore non può che inconsciamente fare il tifo perché i viaggi di Earl (scanditi dalle canzoni che il nostro canticchia alla radio finendo per convertire anche i suoi handler messicani) abbiano successo, a un certo punto si rende conto che per lui questa parentesi di vita è stata l’ultima “tentazione” (di risolvere i suoi problemi economici e quelli di altri guadagnandosi ammirazione e gratitudine). Saprà Earl questa volta fare la cosa giusta? Rischiare il tutto per tutto per guadagnare l’unica cosa che conta?
La suspense d’azione (che pure funziona molto bene grazie a una spalla di lusso come Bradley Cooper) resta così al servizio del percorso umano del protagonista, molto semplice, ma non per questo meno efficace.
Scegliere un film 2019
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