Anselmo è un ragazzino con un leggero ritardo cognitivo, che vive con la madre Gianna in un paesino della campagna italiana. Emarginato a scuola, fa amicizia con Titti, una bambina orfana di madre, che vive in una sorta di catapecchia insieme al padre violento. Anselmo cresce con l’idea che suo padre, che se n’è andato di casa prima della sua nascita, sia un supereroe e così, una volta adulto, assume l’identità segreta di Copperman, l’uomo di rame che combatte il crimine e corre in soccorso dei più deboli. Con l’aiuto di un burbero fabbro e di una banda di amici squinternati, Anselmo si ergerà a paladino della sua cittadina e proverà a conquistare finalmente Titti…
Il film di Eros Puglielli è una favola fuori dal tempo e dallo spazio. Girato in Umbria, a Spoleto, non fornisce in realtà allo spettatore alcuna coordinata specifica. A questo effetto fiabesco concorrono una scenografia un po’ retrò, fatta di colori pastello e di forme geometriche, e una galleria di personaggi che sembrano tutto fuorché moderni. La scelta della palette cromatica e l’insistenza sulla figura del cerchio non sono casuali, ma riflettono la forma mentis di Anselmo che, anche da adulto, mantiene la purezza e la semplicità di sguardo (e di cuore) di un bambino. Non a caso, le atmosfere rarefatte e quasi surreali del film hanno spinto molti a paragonare, pur con le relative differenze, Copperman a Il favoloso mondo di Amélie di Jeunet.
Argentero si cala abbastanza bene nel difficile ruolo del Forrest Gump italiano, che deve suscitare simpatia senza risultare ridicolo e senza generare nello spettatore quella sorta di distacco pietoso che un protagonista ritardato rischia di provocare. Gli altri personaggi sono delineati meno bene e risultano, quindi, un po’ schematici. Più “tipi”, insomma, che “caratteri” veri e propri. Basti pensare al fabbro del paesino che costruisce l’armatura di Copperman e che, in realtà, è un uomo in fuga dopo aver ucciso gli assassini della moglie; alla madre di Anselmo, la dolce proprietaria di una piccola libreria; oppure ancora al padre di Titti, un alcolizzato violento, che va in giro su un’auto sgangherata e spara a sale contro chiunque osi contraddirlo. Per quanto riguarda il casting, risulta particolarmente interessante la scelta di Antonia Truppo, che veste i panni di Titti adulta, mettendo in scena una sorta di “donna angelo” alternativa, sottomessa al padre ma, allo stesso tempo, affascinata da Anselmo e incapace di stargli lontana. Meno azzeccata è invece la scrittura degli amici di Anselmo, un gruppetto di persone affette da vari disturbi psichici e della personalità, ma talmente calcati nelle loro manie da riuscire a strappare soltanto qualche risata a denti stretti e, questa volta sì, totalmente distaccata.
Copperman è, innanzitutto, una commedia, venata di ironia e con qualche punta drammatica. Cade totalmente in errore chi vi si accosta sperando di trovare un film di supereroi (un altro Lo chiamavano Jeeg Robot, per intenderci). Niente di più diverso. In questo caso, infatti, Copperman non è altro che il personaggio che Anselmo si inventa per relazionarsi con la realtà. Non è dunque dotato di alcun potere speciale, ma soltanto di un pesante costume in rame, una manciata di gadget “alternativi” e tanto coraggio. Per questo motivo, Copperman rimane un film per adulti, che difficilmente può essere apprezzato e compreso dai ragazzi più giovani. Ma va comunque riconosciuto come un tentativo apprezzabile di svecchiare e innovare il cinema italiano.
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