La famiglia Attorre vive in un quartiere periferico di Roma e tenta faticosamente di barcamenarsi tra le mille difficoltà quotidiane: il padre Luca è un giornalista freelance con poco lavoro e molto ego; la madre Susi, ballerina che insegna danza a un gruppo di signore in sovrappeso, è frustrata e al limite di un esaurimento nervoso; il figliastro Pierpaolo avverte l’assenza della figura paterna e trascorre le sue serate tra alcol e droga e la figlia Lucilla è una bimba quieta e dolcissima, ma affetta da asma psicosomatica. In questo microcosmo già molto precario viene a inserirsi la figura di Mary Ann, studentessa irlandese di arte e ragazza alla pari. L’arrivo di Mary Ann non farà altro che scombussolare gli equilibri degli Attorre, spingendoli verso il punto di rottura…
L’intenzione alla base di Vivere, secondo quanto dichiarato dalla stessa regista, era quella di raccontare una famiglia moderna, aperta al mondo, vera e bella proprio nei suoi difetti e nelle sue imperfezioni. Nell’esecuzione, però, tale focus finisce per perdersi in una girandola di situazioni e personaggi estremi. Tutti i protagonisti sono caricaturali: gridano, danno fuori di testa, si lasciano andare alle emozioni e ai desideri senza mai fermarsi un attimo a riflettere. La madre Susi si ritiene una nullità e parla da sola, il nonno materno di Pierpaolo è un uomo ricco e potente, immanicato nella politica e con una passione segreta per i travestiti… Persino il vicino di casa, che dovrebbe rappresentare lo sguardo esterno della regista sui suoi personaggi, è dipinto come una figura equivoca, di cui, da un momento all’altro, ci aspettiamo di veder saltare fuori uno scheletro dall’armadio. Per non parlare di Mary Ann – la ragazza irlandese, dai capelli rossi e super cattolica (più cliché di così…) – che, inizialmente destinata a portare una ventata di aria fresca nella famiglia Attorre, diventa in breve tempo l’elemento che rischia di distruggerla dall’interno, amplificando la crisi tra i due coniugi e peggiorando la malattia psicosomatica della piccola Lucilla.
I personaggi (anche se finiscono per fare qualcosa di buono che li salva in extremis) sono tutti sostanzialmente negativi: difficile, per lo spettatore, immedesimarsi davvero in uno di essi. Tra tutti, quella che suscita più simpatia è sicuramente Susi, ma l’enfasi posta sulle sue caratteristiche di romana coatta e un po’ “svalvolata” finisce, anche in questo caso, per tenere a distanza lo spettatore.
Si avverte, inoltre, la totale mancanza di un giudizio morale (o, quantomeno, della messa in scena delle conseguenze) di alcune azioni, come il tradimento o l’aborto. Tutto viene appiattito sullo stesso piano, normalizzato, quasi si trattasse di puri e semplici “fatti della vita”, da accettare in quanto inevitabili. L’unica soluzione perseguibile sembra essere quella di “disinnescare la bomba” e sopravvivere alla bell’e meglio.
In sostanza, quindi, nonostante una buona regia e degli ottimi attori (anche se non sfruttati al massimo delle loro potenzialità), Vivere rimane un film freddo, amaro e – proprio a causa del suo calcare su personaggi che hanno molte più ombre che luci – finto. Quando, nel finale, il vicino di casa dice alla protagonista che lui li sente “correre, ridere, litigare, urlare… vivere, insomma” e per questo li invidia, viene da augurarsi che la vita non si riduca davvero a questo.
Scegliere un film 2020
Tag: 2 Stelle, Drammatico, Film Italiani