Sono passati alcuni anni dalla morte di Luke Skywalker. Le speranze per salvare la galassia dall’ombra fagocitante del male sono riposte nelle qualità della giovane Rey che – sotto la guida paziente ed esperta della ex principessa (e ora generale) Leia Organa – sta completando l’addestramento per diventare una jedi. Sul fronte opposto, intanto, il tormentato Kylo Ren, diventato finalmente “leader supremo” del contingente dei cattivi, segue la traccia di un misterioso messaggio proveniente dai confini estremi dell’universo: su un pianeta sperduto – raggiungibile solo da chi possiede un raro “puntatore” (un oggetto a metà tra una bussola e un amuleto) – un oscuro signore delle tenebre sta pianificando una “soluzione finale” atta non solo a sbaragliare una volta per tutte le forze della resistenza ma anche ad annientare qualsiasi altra forma di vita refrattaria a essere assoggettata. Una brutta gatta da pelare per l’alleanza ribelle ma anche per Kylo Ren. Tra le richieste del suo committente, infatti, c’è innanzitutto quella di eliminare Rey in quanto ultima erede dei cavalieri jedi. Peccato che il ragazzo abbia sulla fanciulla tutt’altro tipo di mire.
Destinato a riportare la mitiga saga stellare nei ranghi dopo il provocatorio ed eccentrico episodio precedente (che aveva diviso in due l’esigente comunità dei fan), L’ascesa di Skywalker chiude il cosiddetto “canone principale” di Star Wars, appagando curiosità e svelando i misteri rimasti irrisolti al termine delle puntate precedenti.
L’andamento del racconto sembra risentire un po’ della complessità narrativa tipica della serialità televisiva e bisogna dire che la linearità dei primi episodi – con i suoi momenti di lentezza e approfondimento – restava molto più impressa nella mente e nel cuore. Rinsaldando il racconto agli archetipi mitici più tradizionali, però, la sceneggiatura abbandona certe ambiguità riscontrabili nell’episodio precedente: qui il bene e il male si fronteggiano in maniera netta e, benché i personaggi principali siano sottoposti a terribili tentazioni, la differenza tra la scelta della luce o del lato oscuro è chiara, senza ironie o ammiccamenti post-post-moderni per spettatori smaliziati cresciuti con Breaking Bad e Black Mirror. Tutta la saga di Star Wars, in fin dei conti, ha lavorato sul tema delle scelte e del libero arbitrio e sulla speranza inestinguibile nelle possibilità dell’essere umano di scegliere in ultimo il bene. Peccato solo che l’evoluzione dei protagonisti sia proprio in questo episodio molto più da intuire che da riscontrare. E le emozioni molto più “dette” che mostrate.
Il film non devia da un percorso di “cinema classico”, destinato cioè a piacere a tutti e senza alcuna controindicazione dal punto di vista valoriale (certo, c’è un bacio saffico nei festeggiamenti finali dei buoni, ma per accorgersene ci vuole la moviola). Interessante, anzi, il discorso che la sceneggiatura riesce a esporre sul tema del “potere”, sulla sua voracità insaziabile e sugli antidoti possibili nel consociarsi libero degli individui che perseguono un giusto ideale. Al villain del film non basta imperare sulla galassia: la sua brama è distruttiva proprio come quella del “serpente antico”. I suoi adepti non hanno volto né personalità, costituiscono una massa asservita e perfettamente omologata. I buoni, invece, non sono una “massa” ma una “moltitudine”. Hanno un volto, un nome, si conoscono tra di loro e si battono l’uno per l’altro. E al jedi (o al cavaliere di Artù) destinato a salvare il mondo – sembra dire ancora il film – serve soprattutto un popolo che creda nella stessa causa. Così che la piccola parte di ciascuno possa diventare, unita a quella di tutti gli altri, un grande dono per tutti.
La magia dei vecchi film della serie è definitivamente svanita ma un tema così, dopo nove episodi e quarant’anni tra le stelle, è una preziosità da portarsi a casa. La Forza è ancora con noi.
Scegliere un film 2020
Tag: 4 stelle, Avventura, Azione, Fantascienza, Fantastico, grandi saghe